Dalle Olimpiadi al sogno della propria vita

 

Paulo Coelho in un racconto parla di un padre che accompagnò il figlioletto al circo. Prima che iniziasse lo spettacolo, l’uomo portò il bimbo a vedere gli animali nelle loro gabbie fino ad imbattersi in un grande elefante. Il bambino notò una cosa e chiese al padre: «Papà, secondo te, perché questo elefante così grande è legato a una cordicella così fine? Ma perché non scappa? Se solo volesse, con la forza che ha, potrebbe spezzare quella cordicella in un attimo!». Il padre replicò: «Bella domanda. Sinceramente non so darti una risposta, credo sia meglio chiedere al domatore». Quest’ultimo, che era nei pressi, alla domanda del padre, dopo un sorriso e con grande semplicità, rispose: «Non siete i primi a pormi questo quesito. Il motivo è semplice. Quando era piccolo, questo elefante era legato alla stessa cordicella. Provò a spezzarla moltevolte, ma siccome era piccolo, la cordicella resistette e lui si convinse che non poteva liberarsi. Da allora non ci prova più e ancora oggi continua a rimanerci vincolato con grande rassegnazione ». Il piccolo guardò il padre con l’aria di chi è consapevole di aver compreso qualcosa di davvero importante. Le Olimpiadi e soprattutto le Paralimpiadi sono la storia di tanti atleti che ci insegnano come si insegue un sogno, come si coltiva un talento, come si impara a vivere in rimonta, con rigore e sudore, pur di migliorare se stessi. Molte altre persone, al contrario, vivono i propri anni in tutt’altra maniera, spesso legate a quel paletto, quello di antiche convinzioni limitanti, che hanno impedito loro di vivere la vita in libertà. La libertà di vivere secondo le nostre convinzioni, secondo i nostri sogni. Sbagliando, cadendo, rialzandoci, riprovandoci, riuscendoci,sorridendo, piangendo per poi magari cantare vittoria. Questa è la vita che ha un sapore vero, che possiamo considerare piena e completa. Ogni atleta che in questi giorni d’inizio anno sportivo bussa alla porta delle nostre società ha un suo sogno, un suo talento, e il peccato più grande che si possa commettere è non dargli vita. L’impegno di ogni allenatore, dirigente, genitore è aiutare ciascuno a vivere il “film della propria vita” da vero protagonista e non da controfigura. Tutti possono farlo, non serve essere uno sportivo affermato, serve desiderare quel ruolo ardentemente, capire che è per questo che abbiamo a disposizione il nostro tempo, il nostro viaggio. Torneremo allora alla nostra “Olimpiade” quotidiana convinti che in fondo al rettilineo della nostra vita potrà esserci una medaglia anche per noi.

Don Alessio Albertini - Consulente Ecclesiastico Nazionale del C.S.I

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